Prima di descrivere nel dettaglio il disturbo dissociativo dell’identità, dobbiamo fare una premessa: con il termine dissociazione si intende la separazione e rimozione dalla coscienza vigile dei processi mentali, dei sentimenti e dei comportamenti.
A tutti noi può essere capitato nella vita un episodio dissociativo: quando andavate a scuola, durante una lunga e noiosa lezione non vi siete mai messi a vagare con la mente pensando ai programmi per il weekend non rendendovi conto che siete stati chiamati per rispondere a una domanda? Questo è proprio quello che succede durante un episodio dissociativo senza però che si possa parlare di disturbo vero e proprio.
Il disturbo dissociativo dell’identità era quasi sconosciuto fino agli anni ‘50, quando due psichiatri americani C. Thigpen e H. Cleckley pubblicarono il caso di una paziente che presentava tre personalità: Eve White, Eve Black e Jane. Il disturbo dissociativo dell’identità, precedentemente chiamato disturbo di personalità multipla, è un tipo di disturbo caratterizzato da due o più tipi di personalità (anche chiamate alterazioni di sé o d’identità) che si alternano a intermittenza prendendo il controllo sul comportamento dell’individuo. Queste identità non hanno memoria l’una dell’altra e ciascuna si presenta in maniera a se stante: ciascuna infatti possiede un proprio nome e ha modalità di comportamento, atteggiamenti, gusti ed emozioni proprie.
Il disturbo comprende inoltre l’incapacità di ricordare eventi quotidiani, importanti informazioni personali e/o eventi traumatici o stressanti, i quali non sarebbero normalmente dimenticati.
Per poter diagnosticare il disturbo devono essere presenti quindi almeno due distinte identità ma queste possono arrivare fino a 200.
La transizione da un’identità all’altra di solito è repentina e spesso precipitata dallo stress.
Molte delle identità sono consapevoli del tempo trascorso quando un’altra ha assunto il controllo ma, a ogni modo, molti pazienti non sono consapevoli del loro particolare stato fino a quando amici stretti non fanno loro notare i cambiamenti del loro carattere nel corso del tempo.
In un piccolo studio di comunità degli Stati Uniti, la prevalenza del disturbo dissociativo d’identità è stata stimata dell’1,5%, con uomini e donne colpiti quasi equamente; il disturbo può iniziare a qualsiasi età, dalla prima infanzia a un’età avanzata. Diversi studi ipotizzano una familiarità per il disturbo ma la questione della trasmissione genetica non è ancora stata chiarita.
Nella forma di possessione, le identità di solito si manifestano come se fossero agenti esterni, tipicamente un essere soprannaturale o uno spirito (ma a volte un’altra persona), che ha preso il controllo del soggetto, determinando il parlare e l’agire in un modo molto diverso. In tali casi, le diverse identità sono molto palesi (facilmente notate da altri). In molte culture, simili stati di possessione sono una normale parte della pratica culturale o spirituale e non sono considerati un disturbo dissociativo dell’identità. La forma di possessione che si verifica nel disturbo dissociativo dell’identità differisce in quanto l’identità alternativa è indesiderata e si verifica involontariamente, provoca angoscia e considerevole handicap e si manifesta in tempi e luoghi che violano le norme culturali e/o religiose.
Le forme di non possessione tendono a essere meno evidenti. La gente può provare un’improvvisa alterazione di sé e della propria identità provando la sensazione di essere osservatori piuttosto che fautori dei propri discorsi, delle proprie emozioni ed azioni. Molti hanno anche amnesie dissociative ricorrenti.
Vari sintomi sono caratteristici del disturbo dissociativo dell’identità.
Il sintomo chiave del disturbo dissociativo dell’identità è la presenza di identità multiple.
Nella forma di possessione le identità multiple sono evidenti a familiari ed amici. I pazienti infatti parlano e agiscono in modo ovviamente diverso dal solito, come se un’altra persona avesse preso il sopravvento del loro comportamento. La nuova identità può essere quella di un’altra persona (spesso un defunto) o quella di uno spirito sovrannaturale; queste identità possono richiedere la punizione per le azioni passate.
Nella forma di non-possessione, le diverse identità spesso non sono evidenti agli osservatori. I pazienti, in questo caso, sperimentano sensazioni di depersonalizzazione, ossia, provano sensazioni di irrealtà, di estraniamento dal proprio sé e di distacco dai propri processi fisici e mentali.
I pazienti dicono di sentirsi osservatori della loro vita, come se guardassero se stessi in un film nel quale non hanno controllo (perdita dell’agire personale). Essi possono sentire il loro corpo diverso, possono avere pensieri improvvisi, impulsi ed emozioni che non sembrano appartenere a loro e che possono manifestarsi come flussi di pensiero confuso o come voci.
Le persone con disturbo dissociativo di identità sperimentano anche intrusioni nelle loro attività quotidiane quando c’è un cambiamento nell’identità o l’interferenza di uno stato identitario nel funzionamento di un altro. Per esempio, al lavoro, una personalità irruenta può improvvisamente urlare contro un collega o il capo.
I pazienti presentano generalmente amnesia dissociativa che in genere si manifesta come
I pazienti con disturbo dissociativo dell’identità possono avere allucinazioni visive, tattili, olfattive, e gustative.
Possono anche manifestare depressione, ansia, abuso di sostanze, autolesionismo e comportamento suicidario.
Il disturbo dissociativo di solito si verifica in persone che hanno vissuto un grave stress o un trauma durante l’infanzia come episodi di abuso o di maltrattamento/abbandono.
Quando nasciamo non abbiamo un senso di identità unitario: l’identità si sviluppa tramite molte fonti ed esperienze ma se si subisce un trauma molto forte non si giunge ad avere una percezione coerente e complessa di sestessi e degli altri: i bambini gravemente maltrattati possono attraversare fasi in cui percezioni, ricordi ed emozioni diversi delle loro esperienze di vita vengono tenuti separati. Nel corso del tempo, questi bambini possono sviluppare una crescente capacità di sfuggire al maltrattamento “allontanandosi”, cioè, staccandosi dal loro ambiente fisico ostile, oppure “ritirandosi” nella propria mente. Ogni fase evolutiva o esperienza traumatica possono essere usate per generare un’identità differente.
Il trattamento raccomandato per la cura dei Disturbi Dissociativi è la psicoterapia, con lo scopo principale di ricondurre il paziente verso un migliore funzionamento integrato. Il terapeuta promuove l’idea che tutte le identità alternative rappresentino tentativi di adattamento per far fronte o padroneggiare le difficoltà incontrate dal paziente e agisce aiutando le identità a conoscersi l’una con l’altra, accettandosi come parti legittime del sé e negoziando per risolvere i loro conflitti.
A fianco al trattamento psicoterapico può rendersi necessaria la farmacoterapia. Il trattamento farmacologico non rappresenta un trattamento di elezione in quanto non sono disponibili farmaci in grado di agire elettivamente sui sintomi dissociativi. Il ricorso alla terapia farmacologica è giustificato per ridurre la sintomatologia ansioso-depressiva, l’irritabilità, l’impulsività e l’insonnia con il fine di raggiungere una stabilizzazione emotiva.
Dott.ssa Cristina Lo Bue