In una società che produce continuamente, in cui se non hai un lavoro soddisfacente e “interessante” (per sé o per gli altri?) non ci si sente accettati e non ci si attribuisce un valore, è come se il lavoro si sostituisse alla persona e al valore di questa. È difficile da pensare, ma ci si può ammalare di troppo lavoro. Definiamo dipendenza da lavoro (workaholic o work addiction) quella condizione in cui la persona lavora eccessivamente, per molte ore al giorno, e prova un incontrollabile bisogno di continuare a farlo.
Il termine workaholic è stato introdotto da Oates nel 1971, e significa letteralmente ‘ubriaco di lavoro’, come un alcolista. Come in tutte le dipendenze la persona inizialmente prova piacere per svolgere quell’attività, ma ben presto questa diventerà una trappola, una costrizione, con la perdita della capacità di decidere quando smettere di lavorare.
Nonostante se ne parli da più di 40 anni, forse è nella società contemporanea che ci rendiamo maggiormente conto di cosa possa essere la dipendenza da lavoro. I nuovi strumenti tecnologici (smartphone, tablet) ci consentono di essere sempre connessi e quindi di non riuscire a definire un chiaro limite del tempo del lavoro. Ci troviamo a leggere le mail anche mentre siamo in vacanza, a ricevere telefonate di lavoro 24 h su 24 h, senza riuscire a renderci irraggiungibili, perché questo verrebbe criticato dagli altri, e prima di tutto da noi stessi, con il rischio di sentirci in colpa per non essere sempre disponibili.
Portare a casa il lavoro offusca la linea che demarca il tempo libero dal tempo del lavoro. Spesso ci si aspetta che le persone siano disponibili durante le vacanze e i fine settimana. Il detto “il tempo è denaro” spiega benissimo questa nostra cultura in cui non è possibile perdere tempo se le cose le puoi fare adesso. La dipendenza da lavoro è la dipendenza del nostro secolo. È difficile anche individuarla come dipendenza perché spesso la persona che lavora costantemente non si stanca mai (solo apparentemente), e viene presa come modello da imitare.
Come facciamo a capire se siamo diventati dipendenti da lavoro? Esploriamone i sintomi:
Se hai risposto di si ad alcune di queste domande, è possibile che tu soffra di dipendenza da lavoro.
L’impossibilità a distaccarsi dal lavoro potrebbe favorire un iniziale aumento della produttività anche all’interno delle aziende. Tuttavia, nel tempo, la produttività diminuisce perché lo stress si accumula e quindi non si lavora più bene come prima. Infatti farsi carico di molti impegni lavorativi, diventa controproducente perché l’ubriaco di lavoro non riuscirà a dare la giusta attenzione alle cose che sta facendo, correndo il rischio di sbagliare.
Quali sono i sintomi o caratteristiche del dipendente da lavoro?
Esistono dei fattori di rischio che causano lo sviluppo della dipendenza da lavoro e questi sono soprattutto fattori di tipo ambientale, familiare e quindi relazionale. Nei termini di un attaccamento insicuro (Fonagy e Target, 1991), se il bambino vive in un ambiente familiare caotico, in cui dell’adulto non ci si può fidare , imparerà a doversela cavare da solo, e non potrà chiedere aiuto agli altri, e quindi si “butterà” in quelle attività che gli daranno maggiore gratificazione, come appunto il lavoro. Secondo Robinson (1998) le famiglie in cui cresceranno futuri dipendenti da lavoro, sono o famiglie perfette in cui l’efficienza, la perfezione, e l’organizzazione eccessiva fanno da padrona, o famiglie imperfette che al contrario sono disorganizzate, senza regole e che non forniscono un grado soddisfacente di sicurezza al bambino. Quindi in entrambi i casi, in una famiglia controllante e organizzata, o in una disorganizzata, il bambino andrà alla ricerca di contesti più soddisfacenti come il lavoro.
Le famiglie dei workaholic esigono la perfezione, e siccome questa è una condizione assolutamente irraggiungibile per chiunque, metterà il bambino in una posizione di frustrazione perché non si sentirà mai come vogliono i suoi genitori.
Come possiamo riconoscere un bambino che potrebbe (ma non è una certezza) diventare un futuro adulto dipendente da lavoro?
Robinson (1998) ha individuato alcune caratteristiche:
Queste sono alcune caratteristiche che l’autore ha individuato. Tutte però hanno un denominatore comune: la ricerca della perfezione e l’approvazione dei genitori che diventano i giudici principali e più temuti dal bambino.
Spesso questi bambini hanno dei genitori narcisisti, che non accettano i reali, e normali, limiti delle capacità del proprio figlio incaricandolo di responsabilità e caratteristiche che non gli appartengono, facendolo sentire inadeguato.
L’equilibrio vita-lavoro è lo stato ideale che ognuno di noi dovrebbe raggiungere per sentirsi realizzati, avere un reddito adeguato alle proprie esigenze, mantenendo allo stesso tempo un buon grado di soddisfazione attraverso le attività sociali, ricreative e non lavorative. Coloro che lottano per raggiungere questo equilibrio non possono essere definite come dipendenti da lavoro, e non avvertiranno il senso di colpa per non aver lavorato o non essersi resi disponibili per il “capo”. Come si può raggiungere questo equilibrio?
Cerca di non andare sempre alla ricerca di una promozione, di più responsabilità, di più denaro, se capisci che questi comporterebbero un maggiore stress ed eccessivo tempo.
Cerca di trovare un lavoro che ti piace e in cui puoi ottenere dei risultati soddisfacenti e quindi definire obiettivi realisticamente raggiungibili.
Ascolta il/la tuo/a partner e la tua famiglia su ciò che vogliono fare e cosa ti vogliono comunicare. Ascoltali se ti dicono che stai lavorando troppo e non hai tempo per loro, e decidete insieme cosa potreste fare nel tempo libero. All’ inizio può sembrarti non soddisfacente come il lavoro, ma con il passare del tempo lo troverai più appagante.
Stabilisci delle ore precise in cui lavorare e fallo solo nelle ore in cui sei effettivamente pagato.
Accetta di essere umano e accetta quando ti ammali! Quando stai male non andare al lavoro e non farlo da casa … anche il tuo corpo ha bisogno di riposarsi.
Se nonostante queste strategie capisci che non riesci a distaccarti del lavoro, chiedi aiuto a uno psicologo.
Come tutte le dipendenze, anche il dipendente da lavoro necessita di una disintossicazione e quindi di un’astinenza dal comportamento, cioè dal lavoro.
Il trattamento è su più livelli: individuale, familiare e, se possibile, di gruppo.
Attraverso la psicoterapia è possibile comprendere le cause del disturbo, affermare i propri limiti, avere consapevolezza delle proprie dinamiche familiari interiorizzate e quindi dare un senso all’attività lavorativa come coperchio dei propri vissuti emotivi disturbanti.
Dott.ssa Cristina Lo Bue
Bibliografia