Nel mio lavoro, soprattutto durante i primi colloqui, mi capita spesso di imbattermi in domande del tipo “ma quindi lei può prescrivere farmaci?” senza sapere bene a quale professionista la persona si è rivolta e che lavoro insieme faremo, ma soprattutto per il timore che dopo una prima consulenza io possa dirle “Bene! Prenda questi farmaci”. L’assunzione dei farmaci credo sia uno dei timore maggiori, per il significato che questi assumono (sono pazzo? Non posso più farcela da solo?) . È quindi molto utile per tutti coloro che chiedono un aiuto psicologico, conoscere la differenza tra psichiatra, psicologo e psicoterapeuta.
Una delle prime domande che la psicologia si è posta ai suoi albori è “ma come funzionano i processi mentali?”. Questa domanda è ciò che oggi accomuna queste tre pratiche e come ognuna puó intervenire per aiutare la persona con gli strumenti che possiede e che puó utilizzare.
La psichiatria è quella branca della medicina che riguarda lo studio della diagnosi, della valutazione in termini eziologici, trattamento e prevenzione dei disturbi mentali. Lo psichiatra quindi è prima di tutto un medico che ha successivamente scelto la specializzazione in psichiatria. Ha (ed è l’unico rispetto allo psicologo e allo psicoterapeuta) la possibilità di prescrivere i farmaci che possano abbassare, e quindi rendere più tollerabile, il sintomo. Non tutti però reagiscono a questi allo stesso modo: anche se due persone presentano attacchi di panico, non è detto che entrambe riusciranno a tollerare lo stesso farmaco. La capacità e responsabilità dello psichiatra, sta anche nel fatto di riuscire a monitorare le reazioni del paziente al farmaco e trovare la giusta cura per lui. È sempre importante non sperimentarsi in cure fai da te, o cambiare tempi e dosaggio, perché solo lo psichiatra potrà indirizzarvi. Anche nel caso in cui è vostra intenzione interrompere il trattamento, che ricordiamolo, non si fa mai in modo brusco da un giorno all’altro, dovrete sempre chiedere allo psichiatra. In alcuni casi infatti l’effetto sarebbe paradossalmente quello di stare peggio, anche rispetto a come si stava prima della cura. La figura dello psichiatra è quella che tra le tre è più temuta, perché il primo pensiero della persona è “se ho bisogno di farmaci allora c’è qualcosa che non va” e in moltissimi casi (purtroppo lo sento dire troppe volte) la persona si rivolge al medico di base, probabilmente per una maggiore confidenza. Ma, pur essendo laureato in medicina, il medico di base non è specializzato in psichiatria, quindi la sua conoscenza sarà non sufficiente per rispondere efficacemente al vostro bisogno
Se non ha una specializzazione in psicoterapia, lo psichiatra potrà consigliare al paziente di iniziarne una e inviarlo a un collega psicoterapeuta, perché sono sicuramente molto più efficaci i trattamenti integrati.
Lo psicologo è un professionista che ha conseguito una laurea di 5 anni in psicologia, ha svolto un tirocinio della durata di 1 anno e ha superato l’esame di Stato per potersi iscrivere all’Albo degli psicologi ed esercitare in diversi ambiti e per diverse finalità. Lo psicologo può essere ricercatore, lavorare nelle scuole, nell’ambito della prevenzione, negli ospedali, nelle cliniche e può fare delle consulenze diagnostiche anche privatamente, somministrare dei test ai fini della diagnosi e poter fare dei colloqui di sostegno e/o supporto alla persona che in alcuni casi può anche essere sufficiente per garantire uno stato di benessere e miglioramento dei sintomi. Approfondiamo i diversi compiti dello psicologo.
Psicologo e diagnosi. Diagnosi significa “riconoscere attraverso” e in psicologia indica quel momento in cui il professionista, attraverso il colloquio o il supporto di materiale testologico, approfondisce l’osservazione e la conoscenza del funzionamento dell’altra persona. Formulare una diagnosi permette di definire un buon piano terapeutico (cosa dobbiamo fare? Quali obiettivi ci poniamo?) e permette ai diversi professionisti di parlare una lingua comune: se lo psicologo fa una diagnosi di anoressia nervosa, anche uno psichiatra o uno psicoterapeuta sapranno di cosa sta parlando. Come appena detto, il clinico potrà servirsi di alcuni test per arrivare a formulare una diagnosi il più possibile corretta, e scegliere uno o più test da proporre alla persona. In altri casi ci si può servire solo di alcuni colloqui con il paziente o con i familiari, quando lo psicologo ritiene importante avere delle informazioni che il paziente non può fornire (per esempio sulla sua infanzia) o quando vuole avere un’ idea più allargata sul sistema familiare in cui la persona vive. Anche nei casi più gravi (esempio nelle psicosi e nelle schizofrenie in fase acuta) quando il paziente non è in grado di sostenere un colloquio, saranno convocati i familiari. Una buona diagnosi permette allo psicologo di orientare la persona verso un sostegno o verso una psicoterapia.
Il sostegno psicologico. Rientra tra i compiti dello psicologo e si rivolge a tutti coloro che vivono dei momenti di ansia, stress, attacchi di panico, lutto, separazioni ecc.. che non richiedono l’intervento di uno psicoterapeuta. Di solito la durata dell’intervento è minore rispetto ad altri, ma la finalità è quella di migliorare lo stato di benessere della persona.
Lo psicologo nelle aziende. In questo ambito lo psicologo promuove il benessere delle persone all’interno di una situazione lavorativa, favorisce quindi il benessere aziendale. Nello specifico si occupa di: della selezione del personale, della formazione, del marketing e favorisce lo sviluppo delle competenze lavorative, intervenendo anche sulle relazioni dei gruppi e delle persone.
Partiamo dalla formazione dello psicoterapeuta. Il percorso è come quello dello psicologo (laurea magistrale, tirocinio post laurea di 1 anno, abilitazione), in più però si è iscritto, e diplomato, in una scuola di specializzazione in psicoterapia, di almeno 4 anni. In Italia attualmente le scuole sono tutte private. Questo professionista può fare esattamente tutte le cose che sono concesse a uno psicologo ed in più la psicoterapia, intesa come un percorso introspettivo, individuale, di coppia, familiare e gruppale, che ha “lo scopo […] di promuovere un cambiamento tale da alleviare in modo stabile alcune forme di sofferenza emotiva” (State Of Mind,2aprile2015). Lo psicoterapeuta aiuta il paziente a prendere consapevolezza dei propri agiti e pensieri inconsapevoli, favorendo una maggiore conoscenza di sé aiutando a “scegliere per sé”, senza sostituirsi ad esso.
Ma se tutti gli psicoterapeuti sono psicologi, non tutti gli psicoterapeuti condividono lo stesso orientamento. Cosa significa? Esistono diversi modi di “approcciarsi” al disturbo del paziente. Ci sono psicoterapeuti che sono più orientati alla risoluzione del sintomo, altri che invece ritengono che per risolvere un problema si devono prima comprenderne le cause (detto molto banalmente!). Conosciamo approcci psicodinamici, sistemici familiari, cognitivi, interpersonali, umanistici e musico terapeutici (e molti altri…), ma quello su cui tutti gli psicoterapeuti concordano, a qualunque orientamento loro appartengano, è che ciò che cura è la relazione.
Negli ultimi tempi si è molto discusso sulla figura del counsellor contro la quale noi psicologi ci siamo schierati perché, in alcuni casi (non tutti) i counsellor sembravano definirsi e operare con tecniche proprie dello psicologo. Il counsellor migliora il benessere della persona aiutandola ad accrescere le proprie risorse e agire più efficacemente. Questo lavoro lo fa (o dovrebbe farlo) senza l’uso di metodologie, tecniche, conoscenze teoriche e pratiche proprie dello psicologo, dello psicoterapeuta e dello psichiatra; non può per esempio servirsi dei test che somministra lo psicologo e/o lo psicoterapeuta. Il counsellor non si occupa di disturbi mentali più o meno gravi, e resta centrato sul problema che ha portato la persona a chiedere una consulenza
Dott.ssa Cristina Lo Bue