Agorafobia, dal greco agorà “piazza” e -fobia (letteralmente paura della piazza), indica la paura degli spazi aperti e/o di tutti quei luoghi in cui la fuga non potrebbe essere facile, compresi i luoghi in cui c’è molta gente. Il timore è che in questi luoghi non si potrebbe ricevere un sufficiente aiuto da altre persone, che non ci sia nessuno ad aiutarci o che non ci sia una via di uscita in caso di emergenza. I sintomi sono simili a quelli dell’ attacco di panico, e la persona per recarsi nei luoghi che teme chiede di essere accompagnato per affrontare lo stress e l’ ansia che prova.
Come in tutti i casi in cui si innesca una fobia, è come se il nostro sistema fosse andato in tilt: non si riesce più a separare l’ ansia normale e fisiologica da quella patologica. L’ ansia infatti è molto utile in alcuni casi, perché ci “comunica” che c’è una situazione di pericolo nella quale dobbiamo attivare maggiori risorse per affrontarla. Nel caso delle fobie invece l’ ansia è eccessiva e finisce per manifestarsi anche quando non c’è nulla da temere divenendo disabilitante. Molti adolescenti e adulti soffrono di agorafobia, forse più di quanto immaginiamo. Le donne però sembrano soffrirne in misura maggiore. Di solito il disturbo si manifesta in tarda adolescenza o nella prima età adulta e accompagna sintomi depressivi o altri disturbi d’ansia come la fobia e gli attacchi di panico.
Come nel caso degli attacchi di panico, una volta sperimentati i sintomi dell’ agorafobia, la persona svilupperà un’ ansia anticipatoria verso questa, ciò significa che se si è verificato un attacco fobico in un luogo è molto probabile che la persona non ci tornerà, o inizierà a pensare a quello che potrebbe accadere se tornasse lì o in luoghi simili. Non a caso le persone con attacco di panico spesso presentano sintomi tipici dell’ agorafobia.
La persona agorafobica si limita ad andare in luoghi che conosce e che soprattutto sono vicino casa per rimanere continuamente nella zona di comfort.
È un disturbo molto invalidante, forse anche sottovalutato, perché poco conosciuto e spesso confuso con l’ ansia. L’agorafobia fa sentire la persona costantemente nervosa nel momento in cui deve uscire da casa, ha paura delle grandi folle e ciò ha un impatto decisivo sulla qualità della vita. Si devono fare continuamente i conti con la battaglia tra desiderio e paura: il desiderio di fare cose nuove, di andare in luoghi sconosciuti, e il timore che non si possa ricevere l’aiuto necessario se ce ne fosse bisogno. Si finisce così per passare la maggior parte del tempo in casa con il rischio di un isolamento sociale, in quanto l’ agorafobia, nelle forme più gravi e cronicizzate, limita la capacità di socializzare, lavorare e partecipare ad eventi piacevoli. La difficoltà sta nel fatto di riuscire ad affrontare questa paura perché comunque la persona sa che i sintomi e l’ ansia sono eccessivi, ma difficili da controllare.
Il temperamento, lo stress ambientale e il contesto in cui si è cresciuti, possono avere un ruolo nello sviluppo dell’ agorafobia. I fattori di rischio, come la già accennata appartenenza al genere femminile, possono riguardare:
Non possiamo prevenire l’agorafobia, ma sicuramente più evitiamo le situazioni temute e più l’ ansia si presenterà. Possiamo quindi iniziare ad andare in quei luoghi che ci fanno paura, ma se questo risulta essere troppo difficile, dobbiamo rivolgerci a uno psicologo.
Il trattamento include la psicoterapia e in alcuni casi anche la somministrazione di farmaci. Possono essere efficaci le terapie a breve termine per apprendere le strategie che affrontano adeguatamente la fobia. In questi casi una delle tecniche più utilizzate è l’esposizione allo stimolo temuto o desensibilizzazione sistematica, che consiste nell’ esporsi gradualmente alla situazione che solitamente si evita.
La psicoterapia può inoltre aiutare a comprendere le cause del disturbo, quali sono le situazioni che si temono e perché, ed evitare quindi che il disturbo si ripresenti.
Possono essere utili altre attività, quali la meditazione, lo yoga e l’ apprendimento di tecniche di rilassamento.
Dott.ssa Cristina Lo Bue
FONTI